La legge sull’Autonomia è stata approvata il 19 giugno. Qualche giorno fa è stata promulgata anche dal Presidente Mattarella. Il Governo, dal canto suo, avrà 24 mesi per adottare i Lep (Livelli essenziali delle prestazioni), con uno o più decreti legislativi, e su questi servirà l’accordo di tutte le Regioni. Un iter, dunque, ancora lungo. Intanto, però, Luca Zaia, presidente del Veneto, si dice soddisfatto.
Subito l’obiezione, che è poi quella che muovono anche tanti vescovi italiani: non c’è il rischio di una spaccatura del Paese?
«Non c’è questo rischio. La riforma risponde alla volontà di dar corso a quelli che sono i dettami della Costituzione. La Costituzione repubblicana, infatti, già dal testo approvato a gennaio del 1948 conteneva un’impronta di un paese autenticamente federalista. Prova ne sia che lo stesso presidente Einaudi, nel presentare la Carta fondamentale, diceva che ad ognuno bisogna dare l’autonomia che gli spetta. La Liga prima e poi la Lega ha colto questo testimone per portarlo oggi alla realizzazione. E il referendum nel Veneto ha dimostrato che il progetto era ed è largamente condiviso».
In questi giorni lei ha parlato di “rivoluzione pacifica”. In che senso?
«Sì, è una rivoluzione pacifica, basti pensare al percorso. Questo ridisegno del Paese, parte dalla nostra Regione e dai due milioni 328mila veneti andati a votare il 22 ottobre 2017, al referendum. Scrivemmo allora, noi veneti, una pagina di storia. All’inizio, quando parlavi di federalismo eravamo considerati tutti di razzisti, poi tutti hanno iniziato a dire di essere federalisti. Questo non è forse un nostro merito?».
Ma c’è chi parla di "secessione dei ricchi".
«È incredibile e non è accettabile. Non è un piano di chi vuole scappare di notte con il bottino come la Banda Bassotti. L’autonomia è un progetto per l’intero Paese, che non porta via nulla ad alcuno. Chiediamo solo che lo Stato riorganizzi le competenze al suo interno».
Non è minata l’unità nazionale, come invece sostengono taluni?
«Qual è il Paese più federalista d’Europa? È la Germania, che ha i Länder e addirittura i partiti federati. Ed è una grande nazione, un Paese unito. Se il nostro Paese ha tremila miliardi di debito pubblico ed è a due velocità e diviso in due, invece di fare il processo all’autonomia lo farei a questo modello centralista che non ha funzionato. Io trovo vergognoso che ci siano cittadini di questo Paese che devono fare le valige per andare a curarsi in regioni che non sono la loro; questa è la realtà e non è colpa dell’autonomia che non è ancora mai stata applicata ma dei danni di un assistenzialismo centralista. L’autonomia nasce proprio per contrastare le diseguaglianze».
Le Regioni del Sud che temono un pericoloso arretramento, a cominciare dai servizi sanitari.
«La verità è un’altra. L’autonomia è più un vantaggio per il Sud che per il Nord. I margini di crescita che ha il Nord in un progetto di responsabilizzazione sono molto minori rispetto a quelli che può avere il Sud».
Ma come?
«Le do solo un dato per fare un esempio: fatto 100 il livello di presenze turistiche nel quadro nazionale, 20 riguardano il Sud e il resto il Centro-Nord. Quindi se dovessimo pensare al turismo, io penso che il margine di crescita turistico dell’Italia ce l’hanno sicuramente le regioni del sud più che quelle del Nord. E questo esempio vale anche in altri campi».
Il suo collega della Calabria, Occhiuto, anche lui del centrodestra, ha espresso qualche perplessità.
«L'autonomia è una grande opportunità per il Sud, per i margini di crescita che ci sono. Io se fossi un governatore del Sud chiederei di gestire in proprio le competenze, perché è questa l'autonomia. Essere contro l'autonomia significa essere per lo status quo, quindi per il centralismo».
L’implementazione del processo autonomista richiederà ancora molto tempo. Il Veneto non potrebbe partire subito con la trattativa?
«C’è un obbligo di rispetto istituzionale. Noi potremmo andare a trattare da subito dopo la promulgazione della legge e la sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale le prime nove materie che, ricordo, sono materie non "lepizzabili". Quando arriveranno i Lep, entro 24 mesi potremo trattare anche sulle altre 14 materie. Ma questa tempistica è la giusta modalità per affrontare con gradualità un progetto che è di modernità, di responsabilità, di coerenza e soprattutto un progetto che permette di far uscire questo Paese dal Medioevo che ormai è connotato con i disegni del centralismo»